Elizabeth Aro nasce a Buenos Aires nel 1961. Compie la sua formazione artistica nella capitale argentina dove consegue il diploma in pittura, all’Accademia di Belle Arti Prilidiano Pueyrredón, e studia storia dell’arte presso l'Universidad Nacional de las Artes (UNA).

Il percorso artistico di Aro è caratterizzato da una continua evoluzione; gli esordi pittorici sono suggestionati da artisti come Joaquin Torres Garcia e César Paternosto, che considera il suo mentore, e successivamente guarda alla produzione di Eva Hesse, Ana Mendieta, Rosemarie Trockel e recentemente Kiki Smith (Cfr. Varone 2017). Nel 1990 si trasferisce a Madrid. L’anno seguente è tra le artiste più giovani ad esporre alla mostra La Escuela del Sur, el taller de Torres García y su legado, curata da Mari Carmen Ramirez. Sono anni densi, scanditi da numerose presenze a esposizioni dal carattere internazionale, e da incontri stimolanti con artisti come Pello Irazu, Miroslaw Balka, Perejaume e Mabel Palacin, che lavorano materiali estranei alla tradizione accademica (Cfr. Varone 2017). Nel 2005 è la prima artista donna di origine argentina a ordinare una personale al Museo de Arte Reina Sofia di Madrid. Dopo la mostra, nello stesso anno, si trasferisce in Italia dove attualmente vive e lavora. La sua produzione spazia dal disegno alla lavorazione del tessuto, alla creazione di gioielli d’artista che presenta alla BABS Gallery di Milano nel 2021. Artista ma anche un «po’ antropologa» (Rossetti 2018), Aro, particolarmente sensibile al tema della migrazione, riflette sul concetto di “altro” e realizza una serie di foto di grandi dimensioni (340 x 170) che catturano l’immagine dei migranti giunti a Madrid (Cfr. Varone 2017). La serie «affonda nelle pieghe più drammatiche e viscerali dell’uomo, estraendone il battito vitale» (Giovanardi, Gracco Kopp 2013, p.n.n. ma 3).

L’opera scelta per questa mostra è Red Net (2007-2017), una installazione ambientale, sospesa, che si presenta come una «rete avvolgente», simile a «quella dei pescatori ma costruita con un prezioso velluto rosso granata», morbida, pieghevole, resistente ma allo stesso tempo capace di cambiare «continuamente forma», quasi « un ossimoro» che «pare una trappola, una gabbia». (Madesani 2017, p.18). Esposta per la prima volta nel 2008 a Madrid, in occasione della mostra Take me with you. Fundación Loewe, curata da Amelie Aranguren, recentemente è stata presentata in Puglia, nella collettiva Arte che incontra l’arte (2020) a cura di Diego Viapiana, nel contesto rurale della Masseria Palombara di Oria. (a.b.)

Bibliografia essenzialeGiovanardi, Gracco Kopp 2013; Madesani 2017; Varone 2017; Rossetti 2018.